martedì 13 novembre 2007

4 maggio 1949: un giorno, una storia

Questo giorno rimane alla memoria collettiva come giorno in cui scomparve uno dei motivi di rinascita della nazione Italia : la morte del Grande Torino.

Il Torino era appena andato in Portogallo per disputare un’ amichevole contro lo Sporting Lisbona.
Una partita nata perché il capitano dello Sporting Lisbona era amico di Ventino Mazzola.
Quella partita era la partita di addio al calcio da parte del giocatore portoghese.
Il Torino perde quella partita per 4-3 e Mazzola, pur febbricitante, non volle restare a casa.

Il volo di ritorno appare senza storia.

l’aereo utilizzato per il volo dei giocatori è un FIAT G12.
E’ un trimotore che era nato come aereo da trasporto merci durante gli ultimi mesi prima dell’armistizio dell’8 settembre 1943. L’armistizio ne blocca la produzione.
Dopo la guerra e soprattutto dopo il trattato di Parigi del 1947 è uno dei pochi aerei che l’Italia può costruire.

Pur essendo un aereo di avanzata costruzione (l’accuratezza aerodinamica delle forme lo fa notare e la gondola del motore centrale ben raccordata con l’aereo) non dispone di radar per il volo cieco.
Questa sarà un grave mancanza che verrà pesantemente scontata.
L’aereo vola.

E’ a Barcellona. Fa uno scalo tecnico.

Allora gli aerei erano un po’ come le navi. Facevano frequentemente scalo per rifornimento e per controlli tecnici.
Sull’aereo non viene trovato nulla.
L’aeromobile riprende il volo.
A bordo si ride e si scherza.

Tutti sanno che ormai non sono lontani da casa.
C’è solo da sorvolare Genova e poi si torna a casa.
Appena l’aereo sorvola Genova, il primo pilota chiede all’aeroporto di Centocelle (l’aeroporto di Torino) sulle condizioni meteo.
Non vi sono buone notizie meteo per il pilota.

Il tempo è brutto. Vento forte e pioggia a raffiche riducono fortemente la visibilità nella zona.

Nonostante queste avverse condizioni meteo il pilota si avvicina alla città.
Cosa succeda ora non lo si sa bene.
Forse l’altimetro guasto, forse un errore di rotta.
L’aereo non è in zona aeroporto.
Ma dall’aeroporto non lo sanno.

Non c’è un radar. Non sanno che il pilota ha voluto cercare l’aeroporto cittadino piuttosto che cambiare aerodromo e trovarne uno più sicuro almeno sotto l’aspetto meteo.

Pochi minuti dopo le 17.
Un lampo squarcia il cielo oscurato di pioggia.
Un boato fa tremare la città.
Sono le 17.05.

Fiamme divampano dalla basilica di Superga che domina la città dall’alto dei suoi 700 metri sopra una collina.
I primi soccorritori trovano i resti delle valige degli atleti, ma ancora non comprendono cosa sia successo.

Poi un borsone sportivo.
Il colore granata li mette in allarme.
La scritta “A.C. TORINO” gela il sangue nelle loro vene.
Quegli oggetti, quelle valige appartengono a giocatori che sono a loro familiari.
Sono i giocatori della loro città.
E’ il Torino.

Un documento che fuoriesce da una valigia fa capire che non si sbagliano.
E’ la carta d’identità di Valerio Bacigalupo.
Comprendono che il loro amore calcistico, il simbolo della loro città, il segno di rinascita dopo una guerra rovinosa è infranto per sempre.
Un lutto terribile si abbatte sull’Italia.
L’Italia sportiva e non si ferma.
L’intera città di Torino fa atto di presenza ai funerali.
Le bare della squadra attraversano la città, che muta in lacrime, rimane ancora incredula di tale vicenda.
La notizia raggiunge il Portogallo.

Anche lì, come ovvio, la notizia ha clamore soprattutto visto che la squadra italiana aveva giocato nei giorni scorsi l’amichevole contro lo Sporting Lisbona.

Una grande squadra era scomparsa.
La nazionale italiana ne avrebbe pagato lo scotto nel Mondiale di calcio del 1950.
In più la paura di volare dopo tale incidente avrebbe portato la nazionale ad un viaggio in nave verso la sede dei Mondiali, si disputavano in Brasile, della durata di un mese.

In seguito la squadra venne dichiarata ad honorem Campione d’Italia e nacque così il mito del Grande Torino.


(Alessandro Farris)

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