martedì 26 febbraio 2008

Rosa Parks



Rosa Louise Parks (all'anagrafe Rosa Louise McCauley; Tuskegee, 4 febbraio 1913 – Detroit, 24 ottobre 2005) è stata una attivista statunitense afroamericana, figura-simbolo del movimento per i diritti civili statunitense, famosa per aver rifiutato nel 1955 di cedere il posto dell'autobus ad un bianco, dando così origine al boicottaggio degli autobus di Montgomery.

Figlia di James e Loeona McCauley, di confessione metodista, nel 1932 sposò Raymond Parks, attivo nel movimento per i diritti civili.
Ha passato buona parte della sua vita a lavorare come sarta in un grande magazzino.

A partire dal 1943, Parks aderì al Movimento per i Diritti Civili americano e diventò segretaria della sezione di Montgomery della National Association for the Advancement of Colored People (NAACP).
A metà del 1955 iniziò a frequentare un centro educativo per i diritti dei lavoratori e l'uguaglianza razziale, la Highlander Folk School.

L'1 dicembre del 1955, a Montgomery, Rosa si rifiutò di obbedire all'ordine del conducente dell'autobus James Blake che le intimava di lasciare il posto a sedere e spostarsi nella parte posteriore del pullman per fare spazio ai bianchi; Rosa era stanca di essere trattata come una cittadina di seconda classe e rimase al suo posto.
Per questo fu arrestata e incarcerata per condotta impropria e per aver violato le norme cittadine.

Quella notte, cinquanta leader della comunità afro-americana, guidati dall'allora sconosciuto Martin Luther King si riunirono per decidere le azioni da intraprendere per reagire all'accaduto. Il giorno successivo incominciò il boicottaggio dei mezzi pubblici di Montgomery, protesta che durò per 381 giorni; dozzine di pullman rimasero fermi per mesi finché non fu rimossa la legge che legalizzava la segregazione.
Questi eventi diedero inizio a numerose altre proteste in molte parti del paese.
Lo stesso King scrisse sull'episodio descrivendolo come "l'espressione individuale di una bramosia infinita di dignità umana e libertà" "Rimase seduta a quel posto in nome dei soprusi accumulati giorno dopo giorno e della sconfinata aspirazione delle generazioni future".

Nel 1956 il caso della signora Parks arrivò alla Corte Suprema degli Stati Uniti d'America, che decretò incostituzionale la segregazione sui pullman pubblici.
Da quel momento, Parks divenne un'icona del movimento per i diritti civili.
Ricevette numerose minacce di morte e non riuscì a trovare più lavoro, quindi si trasferì a Detroit, nel Michigan, all'inizio degli anni Sessanta, dove ricominciò a lavorare come sarta.

Dal 1965 al 1988 lavorò come segretaria per il membro del congresso John Conyers.
Nel febbraio del 1987 Parks fondò il Rosa and Raymond Parks Institute for Self Development insieme a Elaine Eason Steele in onore del marito Raymond Parks. Nel 1999 ha ottenuto la medaglia d'oro al merito del Congresso.
È morta a Detroit per cause naturali il 24 ottobre del 2005.

martedì 19 febbraio 2008

Il Kosovo proclama l'indipendenza

Il dado è tratto. Il Kosovo «è uno Stato orgoglioso, indipendente e libero». Lo ha detto il premier Hashim Thaci, parlando alla riunione straordinaria del Parlamento di Pristina, che ha in agenda due temi: oltre alla dichiarazione d'indipendenza, l'adozione dei simboli dello Stato. «Siamo fra le nazioni democratiche libere» ha aggiunto Thaci. Il Parlamento ha approvato con un voto formale la dichiarazione d'indipendenza. «Il Kosovo è uno Stato sovrano, indipendente e democratico» ha annunciato il presidente del Parlamento, Jakup Kuasniqi, che ha firmato la dichiarazione insieme allo stesso Thaci e al presidente Fatmir Sejdiu. Poi l'annuncio pubblico.

Immediata la risposta serba, per bocca del Capo dello Stato. Boris Tadic ha detto che il suo Paese non riconoscerà mai l'indipendenza del Kosovo. «Belgrado ha reagito e reagirà con tutti i mezzi pacifici, diplomatici e legali per annullare quanto messo in atto dalle istituzioni del Kosovo». E il premier serbo Kostunica: «Nasce illegalmente uno Stato fantoccio. Il Kosovo è un falso Stato». Intanto a Belgrado ci sono stati scontri tra manifestanti serbi e polizia, davanti all'ambasciata americana e in altri punti della città.

In Kosovo invece la proclamazione dell'indipendenza ha generato una forte euforia in tutto il Paese. Già da sabato sera Pristina aveva vissuto ore di entusiasmo collettivo: sirene, clacson, auto in festa per le strade, mentre la gente festeggiava al grido «Kosovo, Kosovo!». Domenica sono arrivate le prime corriere dall'Albania, con gruppi di persone decise a unirsi ai «fratelli» kosovari per festeggiare. Ovunque striscioni e poster con slogan patriottici e messaggi d'auguri, ma anche inviti alla moderazione, oltre che bandiere albanesi (rosse con l'aquila nera al centro) e americane. Qua e là pure vessilli dell'Ue e di qualche singolo Paese europeo.

«Tutti i preparativi sono stati ultimati, ogni passo delle istituzioni sarà coordinato con i partner internazionali» aveva spiegato Thaci prima della dichiarazione, ribadendo che l'implementazione dell'indipendenza verrà coordinata con l'Unione Europea. Il premier aveva ribadito che «l’influenza di Belgrado sul Kosovo è definitivamente tramontata», pur impegnandosi a difendere la minoranza serba «in ogni circostanza».

Dall’Africa, dove è impegnato in un tour di sei giorni, il presidente americano Bush non ha mancato di rinnovare il suo sostegno al Kosovo: «Siamo rincuorati dal fatto che il governo abbia chiaramente proclamato la sua volontà e il suo desiderio di sostenere i diritti dei serbi in Kosovo - ha detto da Dar Es Salaam, in Tanzania, aggiungendo che gli Stati Uniti continueranno a lavorare con i loro alleati per prevenire future violenze -. Crediamo inoltre che sia nell’interesse della Serbia essere allineata con l’Europa e che il popolo serbo sappia che ha un amico nell’America».

Ben diversa la posizione della Russia, che subito dopo la proclamazione dell'indipendenza, ha chiesto una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, sottolineando che supporterà pienamente le istanze giustificate della Serbia che vuole restaurare la sovranità sul Kosovo.

L’Unione europea si appella invece alla calma, e ammonisce che «la comunità internazionale non tollererà alcuna azione violenta in Kosovo». Il portavoce del Consiglio Ue, Jens Mester, si è rivolto sia alla maggioranza albanese che alla minoranza serba: «Ci appelliamo a tutte le parti in Kosovo e nella regione allargata a rimanere calmi e a non reagire a qualsiasi provocazione».

(Corriere della Sera.it)

Fidel Castro lascia la presidenza di Cuba

Per Cuba è la fine di un'epoca: Fidel Castro leader indiscusso dell'isola per 49 anni lascia definitivamente tutti gli incarichi politici. L'annuncio è ufficiale ed è stato diramato dalle pagine del Granma, organo del Partito comunista cubano.

Non ha voluto aspettare il 24 febbraio prossimo, Fidel, data nella quale l'assemblea nazionale sarà convocata per eleggere il presidente del Consiglio di Stato. Il Lider Maximo ha gettato la spugna prima, con l'evidente coscienza di un uomo che sa di non potercela più fare a portare avanti un Paese. Per chi mastica bene il linguaggio di Castro e segue i suoi lunghissimi discorsi da anni, però, era evidente che qualcosa sarebbe cambiato molto presto. Qualche giorno fa, in una sua lettera, infatti, Castro aveva annunciato che a breve avrebbe dato a tutti una notizia di “grande interesse”. E così è stato. “Non cercherò né accetterò l'incarico di presidente del Consiglio di Stato e comandante in Capo” ha detto Fidel, scatenando subito un tam tam internazionale intorno alle sue condizioni di salute. Più semplicemente, Fidel, è consapevole del grande impegno, sia fisico che mentale, che richiede quel ruolo e sembra essere ormai cosciente del fatto che a 81 anni, e una grave malattia che lo tiene fermo da un anno e mezzo, forse non ha più le forze necessarie per andare avanti. Quindi largo a Raul, vicepresidente di Cuba (e fratello di Fidel) che ottiene ufficialmente tutti i poteri previsti dalla Costituzione cubana (almeno fino a domenica 24 data in si deciderà il prossimo futuro di Cuba) .


Erano state quasi un plebiscito per Fidel le ultime elezioni politiche. Sia lui che Raul, infatti, avevano ottenuto una valanga di voti. E lo stesso comandante aveva ringraziato la popolazione per la fiducia accordata: “Mi avete fatto un grande onore eleggendomi a membro del parlamento – ha detto Fidel – adesso è arrivato il momento di eleggere i membri del Consiglio di Stato, il suo presidente e un vicepresidente”. E confida sul mix di anziani e giovani che la classe politica cubana è stata capace di generare nel corso degli ultimi anni, strizzando l'occhio soprattutto ai giovani che avverte con un messaggio: “Il cammino sarà difficile e richiederà lo sforzo intelligente di tutti”.


Sicuramente dopo l'amarezza iniziale per l'annuncio di Castro i cubani dovranno trovare qualche rimedio. Sembra scontata l'elezione alla presidenza del Consiglio di Stato di Raul, fan della politica socioeconomica cinese anche se sono molti quelli che credono che una piccola percentuale di possibilità la possano avere anche Felipe Perez Roque, attuale cancelliere e giovane di buone speranze e Ricardo Alarcon, presidente del Parlamento e protagonista negli ultimi giorni di un video nel quale i giovani del Partito lo incalzano con domande sul loro futuro e sul futuro del Paese. Di certo Fidel, finchè potrà, vigilerà su tutti quelli che avranno il bastone del comando. “Non vi dico addio – scrive il Lider Maximo nella lettera pubblicata sul Granma - Spero di combattere come un soldato delle idee e continuerò a scrivere e forse la mia voce verrà ascoltata”
E' sicuro, però che la figura di Castro rimarrà sempre presente e indelebile nel cuore e nell'anima dei cubani. Nel bene e nel male. Pochi giorni ancora e sarà più chiara la direzione di Cuba per i prossimi decenni.


(Alessandro Grandi, Peacereporter.net)

lunedì 18 febbraio 2008

Didgeridoo



Didgeridoo (trascritto anche come didgeridù, didjeridoo o didjeridu) è una parola di origine onomatopeica con la quale gli occidentali designano l'antico strumento a fiato degli aborigeni australiani.

Questo strumento in Australia viene indicato con almeno cinquanta nomi diversi, a seconda delle etnie che popolano il paese: oltre a yidaki e mago rispettivamente del Nord Est Arnhem Land e West Arnhem Land troviamo djalupu, djubini, ganbag, gamalag, maluk, yirago, yiraki...

Il didgeridoo è propriamente originario degli Aborigeni dell'Australia (Oceania) settentrionale. Non esistono fonti affidabili che ne certifichino con esattezza l'età, ma è ipotizzabile che abbia una vita compresa tra i duemila ed i quindicimila anni.

Classificato come strumento musicale nella categoria degli aerofoni ad ancia labiale, il didgeridoo ha la forma di un tubo leggermente conico di lunghezza variabile da circa un metro, un metro e mezzo, fino ai due metri e mezzo.

È ricavato da un ramo di eucalipto (pianta assai diffusa nel Nord dell'Australia), scelto tra quelli il cui interno è stato scavato dalle termiti.

Scortecciato, ripulito e accuratamente rifinito, lo strumento viene poi decorato e colorato con pitture tradizionali che richiamano la mitologia aborigena.

Gli aborigeni lo utilizzano non solo come strumento a fiato, nel quale soffiano e al tempo stesso pronunciano parole, suoni, rumori, ma anche come strumento di percussione, se colpito con i clap stick (bastoncini in legno usati come percussioni) o con un boomerang.
Viene suonato con la tecnica della respirazione circolare.

giovedì 14 febbraio 2008

Lokua Kanza

Lokua Kanza è nato a Bukavu nel 1958, nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaïre), da padre congolese e madre ruandese.
Suo padre (uno dei primi congolesi a comandare un battello sul fiume Congo), apparteneva all’etnia Mongo, rinomata per la ricca tradizione di canti polifonici. Ambedue i genitori gli hanno donato la sensibilità per il lirismo, per le linee melodiche dolci e raffinate.

Il giovane Lokua comincia a cantare nella corale della chiesa a Kinshasa, studia al Conservatorio chitarra classica e parallelamente si appassiona ai ritmi che fanno vibrare le notti della capitale: la rumba di Franco, l´afro-beat di Fela Kuti, il funk di James Brown.

"A 13 anni - dice Lokua Kanza - ho visto un concerto di Miriam Makeba e da allora ho deciso di diventare un cantante".

Un amico, il musicista Ray Lema, gli regalerà la sua prima chitarra, con cui comincia a suonare nei bar la rumba congolese. Forte della sua formazione che spazia dalla musica classica a quella tradizionale e popolare, a 19 anni gli è offerta la direzione dell´orchestra del Ballet National de Kinshasa.

Nel 1988 incontrerà nuovamente Ray Lema a Parigi con il quale inciderà l´album Bwana Zoulou Gang. Partecipa alla realizzazione del disco Le voyageur di Papa Wemba, dove elabora gli arrangiamenti per i cori.

Nel 1991 canta assieme a Manu Dibango, "la persona che mi ha offerto la chance di cantare da solo".
Nel 1992 Lokua Kanza debutta all´Olympia di Parigi con la cantante beninese Angelique Kidjo e nello stesso anno realizza il suo primo album Lokua Kanza (ripubblicato dalla Universal).

Dopo il capolavoro Wapi Yo (1995), ancora una volta Lokua Kanza regala intense emozioni con le canzoni del disco Toyebi Tè, suo quarto album, che miscela con gusto sia i richiami alla terra d’origine che le sonorità moderne della world music.

mercoledì 6 febbraio 2008

Oscar Pistorius

Oscar Pistorius è nato a Pretoria il 22 novembre 1986, è un atleta sudafricano, campione paralimpico nel 2004 sui 200 m piani.

Soprannominato The fastest thing on no legs, Pistorius è un amputato bilaterale detentore del record del mondo sui 100, 200 e 400 m piani. Corre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio.

Pistorius nacque con una grave malformazione (non aveva i talloni), che lo costrinse, all'età di undici mesi, all'amputazione delle gambe.
Negli anni del liceo praticò il rugby e la pallanuoto, poi un infortunio lo portò all'atletica leggera, dapprima per motivi di riabilitazione, poi per scelta.
Il suo primo appuntamento ufficiale di rilievo furono le Paralimpiadi di Atene del 2004.
A diciassette anni vinse il bronzo sui 100 metri e l'oro sui 200, battendo anche atleti amputati singoli più quotati di lui, come gli statunitensi Marlon Shirley e Brian Frasure.

Fin dal 2005 ha espresso il desiderio di poter correre coi normodotati alle Olimpiadi di Pechino 2008.
La IAAF il 13 gennaio 2008 ha respinto questa richiesta, sostenendo che "un atleta che utilizzi queste protesi ha un vantaggio meccanico dimostrabile (più del 30%) se confrontato con qualcuno che non usi le protesi".

Un parziale successo Pistorius però lo ottenne nel giugno del 2007, quando gli organizzatori del Golden Gala di Roma lo hanno ammesso a competere coi normodotati sui 400 metri.
Il 13 luglio 2007, Pistorius quindi gareggia nello Stadio Olimpico di Roma per il gruppo B del Golden Gala, assieme ad alteti normodotati, ottenendo la seconda posizione.

Pistorius detiene il record del mondo per amputati su tutte e tre le distanze su cui corre: 10.91 sui 100, 21.58 sui 200 e 46.56 sui 400.