sabato 10 novembre 2007

L'Argentina dalla memoria lunga

Trentamila placche incastonate in cinque pareti. Oltre ottomila hanno già inciso nome e cognome: è il primo monumento alle vittime del terrorismo di Stato dell'America Latina, e l'Argentina lo ha inaugurato ieri, nel Parco della Memoria di Buenos Aires. Trentamila, come i trentamila desaparecidos ingoiati dalla dittatura degli anni Settanta. Trentamila come i cadaveri fatti sparire, molti dei quali gettandoli da aerei in volo e a decine proprio in quel fiume, il Rio de La Plata, ai piedi del quale nasce il monumento. Trentamila, come le famiglie straziate da un dolore che non lascia pace.

Le cinque stele, disposte su un prato in modo da dare, se viste dall'alto, l'immagine di una ferita aperta, sono grigie e sobrie, alte e imponenti. E saranno il luogo della memoria, l'unico dove poter allacciare quella “celeste (...) corrispondenza d'amorosi sensi”, che, per scomodare il Foscolo “spesso per lei si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi”. Le migliaia di argentini martoriati dalla tragedia della desaparecion, finalmente, dopo 24 anni dalla fine della dittatura, hanno il sepolcro, l'ara sacra in cui materializzare un lutto che ha segnato una nazione.

A inaugurarlo, il presidente uscente, Nestor Kirchner, a braccetto del presidente entrante, la moglie, Cristina Fernandez. Con loro il capo del governo, Jorge Telerman, e buona parte del gabinetto nazionale. In prima fila, loro, le nonne e le madri di Plaza de Mayo, con il loro immancabile foulard bianco in testa. Loro, voce e coraggio dell'Argentina che chiede verità e giustizia. Ed è alla fine dell'impunità che il capo dello stato si è riferito nel suo discorso, esigendo che gli “ideologi civili” siano consegnati alla giustizia. Gli unici, finora, a essere stati processati e condannati sono "un sacerdote e un poliziotto, ma quando verranno giudicati i capi?”, ha incalzato Kirchner.

Per adesso, incisi, uno a uno, 8.917 nomi, ossia quelli che vennero denunciati ufficialmente. Ma le organizzazione dei diritti umani assicurano che il numero reale è quantomeno tre volte tanto e per questo la Commissione Pro Monumento alle vittime del terrorismo di stato ( di cui fanno parte Abuelas e Mades e molte altre associazioni) si è incaricata di continuare a raccogliere i nomi da immortalare sulla pietra di porfido. Gli organizzatori spiegano come la scelta di disegnarlo come una ferita ancora da rimarginare sia stata dettata dalla presa di coscienza dello “sforzo di cui necessita l'Argentina per arrivare a una società più giusta”, unica strada verso la guarigione.

“Abbiamo un luogo per ricordare i desaparecidos, assassinati e caduti in combattimento in questo paese”, ha dichiarato il fotografo Marcelo Brodsky della Asociacion Civil Buena Memoria, portavoce della Comissione – Vogliamo più giustizia, più celerità nel loro lavoro, più giudici, più testimoni, più condanne. È dovere dello Stato realizzare le indagini necessarie per identificare tutte le vittime che mancano all'appello, così da poter completare le ventimila placche ancora vuote”.
Una nuova tappa, dunque, verso il cammino della verità, compiuto dal governo Kirchner, che ne ha fatto il simbolo del suo mandato. La lotta affinché tutti i colpevoli vengano condannati è stata prioritaria ogni giorno del suo governo. E il coinvolgimento mostrato in tutta la cerimonia lo ha dimostrato. Di fronte al monumento ha cercato con il dito il nome del suo caro amico, Carlos Labolita: “Ventire anni”, ha sussurrato. Un presidente che, negli ultimi colpi di coda ufficiali del suo mandato, che però passando alla moglie avrà una continuazione naturale, si è augurato che Cristina continui sulla stessa linea e anzi faccia di più.
E' di questa settimana anche un altro atto fondamentale nella via verso la guarigione. Il presidente ha incaricato il ministro della Difesa Nilda Garré di trasmettere alle Forze Armate l'ordine di collaborare alla ricerca dei corpi di Roberto Mario Santucho, capo dell'Ejército Revolucionario del Pueblo (ERP), e di Benito Urteaga, militante di questa organizzazione, entrambi uccisi nel luglio del 1976. Un ordine che, secondo quanto dichiarato dal ministro, cerca di “soddisfare la necessità di ricostruire i fatti”, allontanando ogni difficoltà “che impediscono la ricerca della verità e della giustizia”.

(da Peacereporter)

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