mercoledì 9 gennaio 2008

Guantamano si è spostata in Afghanistan

Anni di denunce e di battaglie condotte dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani di mezzo mondo hanno costretto l’amministrazione Bush a cedere sul lager di Guantanamo, ormai destinato alla chiusura e già oggi parzialmente svuotato. Una vittoria solo apparente, visto che lontano dai riflettori, in Afghanistan, il Pentagono ha nel frattempo ampliato quella che si può a buon titolo definire come ‘la madre di tutte le prigioni Usa della vergogna’: il centro di detenzione militare statunitense di Bagram, a nord di Kabul, dove nel 2002 vennero sperimentate le tecniche d’interrogatorio successivamente esportate ad Abu Ghraib e nella stessa Guantanamo.
Inizialmente usata come centro di detenzione temporanea dei prigionieri di guerra appena catturati in Afghanistan e Pakistan, in attesa del loro trasferimento oltreoceano a Guantanamo, Bagram, con la progressiva dismissione della prigione cubana, ha accumulato detenuti prendendo di fatto il posto del famigerato ‘Camp Delta’ come centro di detenzione Usa in via definitiva. Se i detenuti di Guantanamo sono scesi dai 775 iniziali ai 275 di oggi, gli ‘ospiti’ di Bagram sono progressivamente cresciuti fino agli attuali 630.

Nei mesi scorsi, la Croce Rossa Internazionale (Icrc), unica organizzazione ad avere un limitato acceso a Bagram, ha denunciato che nella ‘nuova Guantanamo’ i detenuti vengono trattati peggio che nella vecchia, sottoposti a “trattamenti crudeli contrari alle Convenzioni di Ginevra”.
Già nel 2004, quando Bagram era ancora un piccola prigione, Human Rights Watch aveva denunciato le torture e le violenze, spesso letali, a cui i prigionieri vengono sottoposti in questo centro di detenzione: privazione del sonno, del cibo e della luce, isolamento completo dei detenuti, tenuti per giorni incappucciati, appesi per i polsi e violentemente picchiati a intervalli regolari. Emblematica la storia di Habibullah e Dilawar, 28 e 22 anni: il primo morì il 4 dicembre 2002, appeso al soffitto della sua cella, per un’embolia polmonare dovuta ai grumi di sangue provocati dalle percosse ricevute; il secondo morì sei giorni dopo in seguito a un infarto, anch’esso attribuito alle percosse.

A ideare questi sistemi ‘sperimentali’ di interrogatorio nel 2002 fu il capitano Carolyn Wood, una soldatessa di 34 anni, comandante del plotone d’interrogazione di Bagram, che nel gennaio 2003 venne premiata con una medaglia al valore per il suo “servizio eccezionalmente meritevole”. Nel luglio del 2003, la ‘signora delle torture’ e la sua squadra vennero trasferiti dall’Afghanistan all’Iraq con la missione di insegnare il ‘modello Bagram’ ai carcerieri della prigione militare di Abu Ghraib, dove la Wood fece affiggere un cartellone d’istruzioni che prescriveva in maniera dettagliata il ricorso alle tecniche sperimentate a Bagram, compresa la sospensione al soffitto e l’utilizzo dei cani. L’estate scorsa l’esercito Usa ha lasciato il carcere di Abu Ghraib in mano agli iracheni. Buona notizia, almeno per le coscienze degli statunitensi.
Ora il cerchio si chiude e tutto torna dove era iniziato, a Bagram, destinato a diventare il più grande lager statunitense del mondo.


(Enrico Piovesana)

Nessun commento: