mercoledì 2 gennaio 2008

Il Rastafarianesimo

Il Rastafarianesimo, o Rastafar-I (pronuncia: rastafarai, nel linguaggio delle I-words), è una fede religiosa di ispirazione cristiana.
Il nome deriva da Ras Tafari, l'Imperatore che salì al trono d'Etiopia nel 1930 con il nome di Haile Selassie I e con i titoli di Re dei Re, Eletto di Dio, Luce del Mondo, Leone Conquistatore della tribù di Giuda: in seguito alla sua incoronazione, alcuni cristiani riconobbero in lui il Cristo nella Sua Seconda Venuta in Maestà, Gloria e Potenza, come profeticamente annunciato dalle Sacre Scritture.


Il rastafarianesimo è comunemente concepito secondo categorie radicalmente lontane dalla sua essenza: nasce infatti come nazionalismo, o meglio, come versione religiosa del movimento politico nazionalista conosciuto come Etiopismo.
Il rastafarianesimo si è ispirato alla predicazione del leader Marcus Mosiah Garvey. Altri elementi di spicco, che hanno avuto un ruolo primario nella nascita di questo credo: Leonard Howell, H. Archibald Dunkley, e Joseph Nathaniel Hibbert.
A partire dagli anni Ottanta la cultura Rasta si è diffusa nel resto del mondo, soprattutto grazie a Bob Marley e alla musica reggae, che ne veicola i contenuti.


Sebbene questo sentimento religioso sia sorto anche presso gli Etiopi, esso si è sviluppato primariamente grazie a personalità straniere e presso popolazioni non-etiopiche, e in seguito all’incoronazione di Haile Selassie I, verificatasi nel 1930.
Fondamentale per la sua affermazione fu il movimento etiopista, che già nell’800 agitava molte comunità africane e della Diaspora Nera. Era una corrente di ispirazione cristiana che rivendicava il recupero della dignità culturale e nazionale degli africani, annientati dalla deportazione e dalla schiavitù, mediante il riferimento spirituale e politico all’Etiopia. Nei primi del '900, gli etiopisti, guidati da Marcus Garvey, il cui ministero è spesso assimilato dai rastafariani a quello di Giovanni Battista precursore di Cristo, cominciarono a proiettare una viva attesa messianica di riscatto sull’Etiopia, e, nel 1930, dopo aver assistito alla sua incoronazione, alcuni discepoli di Garvey, capeggiati dal carismatico Leonard Howell, videro in Haile Selassie I il Messia atteso, che non era però, nella loro interpretazione, un generico liberatore politico, ma Gesù stesso. Questa persuasione diede il là a un nuovo e autonomo movimento, detto in seguito RasTafarianesimo, in virtù dell’abitudine dei primi fedeli di definirsi RasTa, per indicare la propria identificazione con Haile Selassie I, la cui rivelazione diventò il punto di riferimento essenziale. Dopo l’intensa predicazione dei primi seguaci in Africa e in America, ed una prima rapida espansione, nella metà del 1900, nelle Indie occidentali, negli Stati Uniti e in Inghilterra, il Rastafarianesimo si è di seguito radicato ovunque sul globo, soprattutto grazie al potere mediatico della sua vivace cultura musicale, legata in particolare al reggae, che ne veicola il messaggio teologico.


Fondata sull’esempio e la predicazione di Haile Selassie I, che fu storicamente e attivamente cristiano, la teologia rastafariana si presenta come un’evoluzione del Cristianesimo, così come questo lo fu dell’Ebraismo.
I Rastafariani accettano dunque gli insegnamenti teologici e morali di Gesù, custoditi dall’antichissima Tradizione Etiopica Ortodossa, e credono che Haile Selassie I li attualizzi e compia profeticamente in quanto Cristo, tornato secondo le esigenze dell’uomo moderno. Perciò, essi credono nella Divinità di Cristo, nella Trinità, nella resurrezione dei corpi, nell’immortalità dell’anima, nella verginità di Maria ed in tutti gli altri dogmi della cristianità Ortodossa.
Credono però nel millenarismo, ovvero nell’idea che il Cristo debba instaurare un regno terreno prima della fine del mondo e del giudizio universale, secondo i dettami dell’apostolo Giovanni (Apocalisse 20): Haile Selassie I giunge dunque a realizzare questa profezia, e regna sui suoi eletti, i Rastafariani, sino al termine della storia.
Il loro Testo Sacro è costituito dal canone biblico etiopico, stabilito da Haile Selassie I, composto dell’Antico e del Nuovo Testamento, e dai testi ufficiali che contengono la testimonianza storica del Re.
In accordo con la tradizione Etiopica, raccolta nel Kebra Nagast, i Rastafariani credono che l’Etiopia sia il Nuovo Israele, la Nazione eletta alla custodia della Cristianità nei tempi della frammentazione e della falsificazione, sino all’avvento secondo di Cristo, compiutosi in Haile Selassie I.
In questo libro è riportato l'incontro tra Re Salomone e la Regina di Saba, descritto anche dalla Bibbia; ella, curiosa di conoscere la straordinaria saggezza del Re, si reca a Gerusalemme, e dalla relazione amorosa sorta tra i due nasce Menelik, capostipite della dinastia regale etiopica. L’Etiopia riceve la missione di preservare la purezza della Cristianità dopo il rifiuto di Israele e di custodire il carisma del trono Davidico sino all’avvento regale del Cristo, a cui è destinato sin dall’inizio del mondo. A riprova della sua elezione, l’Etiopia riceve l’Arca dell’Alleanza, oggi conservata in un santuario di Axum. Haile Selassie I fu l’ultimo regnante ad occupare il seggio di Davide, prima della dissoluzione della monarchia, e questo incoraggia i Rastafariani a riconoscere in Lui il compimento delle promesse divine.


Essi osservano la morale cristiana, ubbidendo ai dieci comandamenti del Sinai ed alle regole d’amore dettate da Cristo: "Ama il Signore Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente" e "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Luca 12, 28-31). Istruiti dalla tradizione etiopica e dalla decisiva predicazione di Haile Selassie I, i rastafariani nutrono un particolare rispetto per le altre culture religiose, e parlano di "parentela spirituale" dei mistici di tutte le culture storiche, utilizzando un’espressione del Re stesso. Pur difendendo il primato della propria identità, i rastafariani sostengono che si pervenga alla salvezza mediante la Fede nel Divino e l’osservanza della morale naturale, aldilà delle posizioni teologiche e metafisiche: da questo procede il loro vivo interesse per gli altri culti, considerati, sempre in riferimento ad una frase di Haile Selassie I, "vie del Dio vivente", che non è possibile giudicare. Sono quindi dottrinalmente contrari al settarismo religioso.
Per giunta, essi professano i precetti politici che il Re ha trasmesso loro, completando, a loro avviso, la rivelazione storica. Credono dunque in una moralità internazionale retta dal principio della sicurezza collettiva, dell’autodeterminazione dei popoli, dell’uguaglianza dei diritti, della non-interferenza, e nel riconoscimento di un ordine sovra-nazionale che ripudi la guerra, per la ricomposizione pacifica delle dispute e per la risoluzione dei problemi comuni, istituzionalmente governato dall’ONU, di cui Haile Selassie I fu Padre Fondatore. Credono nella necessità di costruire sistemi politici liberali e democratici, fondati sull’osservanza della Dichiarazione dei Diritti Umani e difensori della libertà civile, economica, spirituale e culturale, rifiutando dunque ogni ideologia e statolatria totalitaristica, di destra e sinistra, che assorba l’anima umana, possesso esclusivo di Dio; credono inoltre nella necessità di uno Stato socialmente impegnato, che non si limiti a garantire negativamente la libertà, ma che guidi e educhi l’uomo, pur laicamente, al rispetto del prossimo e di Dio. Inoltre, i rastafariani sostengono che sia necessario affrontare con particolare attenzione, per il benessere dell’intero globo, il problema del continente africano, il più povero ed afflitto del pianeta in virtù di secoli di sfruttamento e aggressioni, eticamente meritevole di una riparazione storica. Forti dell’esempio di Haile Selassie I, considerato comunemente il Padre dell’Africa Unita e principale fondatore dell’Organizzazione dell’Unità Africana, chiedono che l’Africa realizzi l’unione continentale, liberandosi dalla dipendenza dai poteri stranieri, recuperando la propria identità, e sviluppandosi secondo modelli politici e culturali propri, che tali poteri hanno cercato e cercano di strapparle. Gli africani deportati, in particolare, per raggiungere la pienezza di sé e fronteggiare il proprio disagio storico, devono ricordare le proprie origini e onorarle, e lavorare attivamente per questa causa: è in tale ottica che l’idea di rimpatrio, a cui Haile Selassie I dedicò parte delle sue energie e per cui mise a disposizione un ampio territorio etiopico, acquisisce un significato vitale.

I Rastafariani credono che Haile Selassie I sia Cristo per varie ragioni.
Credono Egli esprima una santità assoluta, e che abbia compiuto opere miracolose, principalmente di natura politica, in Etiopia e nel Mondo;
credono che Egli, come Gesù, compia le profezie della Scrittura Sacra, sia in termini espliciti che allegorici, ponendo particolare attenzione sull’Apocalisse di Giovanni, finalizzata alla descrizione della Venuta Seconda di Cristo;
credono nella veridicità dei Suoi titoli e nella Sua testimonianza, che tendono a proiettarlo nella trascendenza e nel mistico: molti tuttavia negano che il Re abbia mai avanzato tali pretese, sostenendo invece che le abbia rifiutate espressamente.
Pensano che tali posizioni ignorino il contenuto della Rivelazione, e che l’atteggiamento "restìo" di Haile Selassie I compia perfettamente le linee della Cristologia cristiana.

I rastafariani rifiutano l’idea del decesso fisico o spirituale di Haile Selassie I, credendo nel Suo occultamento volontario agli occhi degli uomini. Secondo la teologia cristiana, infatti, Gesù Cristo muore una sola volta e risorge definitivamente, espiando il peccato umano (Lettera agli Ebrei 9, 26-28); la Sua seconda venuta rappresenta il tempo del Regno glorioso, non della passione e del sacrificio. I misteri che ancora oggi avvolgono la scomparsa di Haile Selassie I (la mancanza di foto, video, la negazione dei funerali, la scelta di non mostrare il suo corpo, la provata falsità delle cause fisiche addotte per giustificare il decesso) sono per loro la dimostrazione della veridicità della propria fede. Credono dunque che Haile Selassie I sia ancora corporalmente vivo e presente sul trono d’Etiopia, e che essi costituiscano il Suo Regno.

L’idea che il Rastafarianesimo sia riservato agli africani e che escluda la partecipazione dei "bianchi" è assolutamente falsa e priva di fondamenti teologici. Haile Selassie I, secondo lo spirito del Vangelo, ha insegnato l’assoluta uguaglianza delle razze ed ha predicato il proprio messaggio a tutte la nazioni. Sono presenti tra gli occidentali forti comunità rastafariane e personalità importanti per la storia del movimento, che vivono in piena comunione religiosa con i propri confratelli di stirpe africana. Forme di possibile diffidenza e razzismo devono essere associate a comprensibili tensioni storiche, e non alla cultura spirituale.

I rastafariani, in accordo con i precetti di Haile Selassie I, predicano il rispetto del proprio corpo attraverso una corretta e sana alimentazione, l’esercizio fisico e l’astensione dalle droghe, ovvero ciò che loro chiamano "pratica dell’Ital", un modo "vitale" di intendere il proprio rapporto con la Creazione.


I rastafariani sono comunemente conosciuti per i cosiddetti dreadlocks, delle lunghe e dure trecce che caratterizzano la chioma di alcuni fedeli. Si tratta di una pratica facoltativa, e molti rastafariani non sono Nazirei.
Queste costituiscono la realizzazione materiale di un voto biblico, il Nazireato, descritto nella Legge Mosaica e custodito nella Cristianità dalla sola tradizione etiopica. Questa pratica ascetica comporta la consacrazione del proprio capo e dunque l’astensione dalla tonsura e dalla pettinatura, generando naturalmente le celebri trecce; implica inoltre l'astensione da alcolici, uva e derivati, e una dieta vegetariana.
Il Kebra Nagast racconta di come un Angelo apparve alla madre di Sansone, ammonendola di non tagliargli i capelli. La figura di Sansone pelato, cieco, incatenato, è un esempio di ciò che può accadere a chi usa il metallo di Babilonia, a chi si fida di donne cattive e disubbidisce i comandi divini.Bisogna conservare la propria integrità fisica e morale, e i capelli sono un simbolo, da custodire gelosamente.


Nel creolo giamaicano, la prima persona singolare è espressa col pronome me. I RasTa concepiscono questo pronome come un'espressione di servilismo, di conseguenza il pronome I, "io", acquista un'importanza morale e viene utilizzato in modo curioso.
Nel plurale la parola we "noi", viene sostituita con I and I, e nel riflessivo I self e I'n'I self.
Il pronome, essendo scritto come il numerale romano I, diventa anche richiamo di Selassie I.
Alcune parole, dette I-words, usano il pronome I in sostituzione di fonemi assonanti: abbiamo quindi I-vine per "divine", divino, I-ssembly per "assembly", assemblea.In tal modo, anche Rastafar-I.Nel caso in cui segua una vocale, la I viene sostituita con una Y: Yife per "life", vita.


All’interno del Rastafarianesimo si osservano diverse correnti interpretative, tra le quali le 12 Tribù di Israele, i Bobo Shanti e gli Ortodossi. Tuttavia, la relativa facilità della teorizzazione teologica, in presenza di una rivelazione chiara e diretta, sta permettendo un graduale appianamento delle differenze, sostanzialmente causate dalla scarsa conoscenza dei testi e delle risorse culturali, e le istanze dottrinali fondamentali sono ormai generalmente accettate.

I Rasta utilizzano la marijuana come erba medicinale, ma anche come erba meditativa, apportatrice di saggezza, ausilio alla preghiera. Viene sostenuto che l'erba Ganja sia cresciuta sulla tomba del re Salomone, chiamato il Re Saggio, e da esso ne tragga forza. La marijuana è anche associata all'Albero della Vita e della Saggezza che era presente nell'Eden a fianco dell'Albero della conoscenza del bene e del male.
I rastafariani, comunque, predicano la disciplina morale ed il controllo di sé, e sono avversi ad ogni forma di ubriachezza.

I rasta conferiscono alla donna, in accordo con gli insegnamenti di Haile Selassie I, la medesima dignità dell'uomo. L'imperatrice Menen, legittima sposa dell'Imperatore ed associata alla sua gloria regale, riceve presso i rastafariani particolare venerazione, considerata la prima creatura dopo Cristo, la Madre della Creazione e la Regina dei Re.
Tuttavia, il ruolo della donna, in accordo con gli insegnamenti della Scrittura (Efesini 5:22) è gerarchicamente subordinato a quello dell'uomo. In contrapposizione alla società di stampo matriarcale su cui si regge la famiglia giamaicana, la comunità Rasta afferma la superiorità dell'uomo come capo gerarchico.


"Il mio compito è di tenere vivo e diffondere nel mondo il messaggio di Marcus Garvey, il padre spirituale di Giamaica ...Voglio muovere il cuore di ogni uomo nero perché tutti gli uomini neri sparsi nel mondo si rendano conto che il tempo è arrivato, ora, adesso, oggi, per liberare l'Africa e gli africani.Uomini neri di tutto il mondo, unitevi come in un corpo solo e ribellatevi: l'Africa è nostra, è la vostra terra, la nostra patria ...Ribellatevi al mondo corrotto di Babilonia, emancipate la vostra razza, riconquistate la vostra terra."
(Bob Marley)

1 commento:

vindemiatrix ha detto...

Probabilmente attorno a questa filosofia c'e' molta ignoranza, io per primo non conoscevo molti aspetti descritti qui.

Forse sarebbe il caso che tutti quelli che si definiscono "rasta" sappiano cosa comporti esserlo, con tutti i doveri e i princìpi dettati dalla dottrina, ho l'impressione che l'unico dettame seguito volentieri sia quello dell'uso della maryuana come erba meditativa.

Comunque tanto di cappello (o di capello) a chi riesce a seguire una tale ideologia.