venerdì 24 agosto 2007

Rambo IV, un inno alla violenza

A febbraio 2008 uscirà nelle sale cinematografiche il quarto episodio della saga di Rambo. Inizialmente doveva intitolarsi “Rambo IV: La perla del cobra”, poi la casa di produzione ha optato per un meno evocativo nome e cognome: “John Rambo”.

L’ormai anziano reduce del Vietnam John Rambo conduce una vita tranquilla a Bangkok, in Thailandia, lavorando come fabbro. Un gruppo di missionari cristiani chiede il suo aiuto per raggiungere via fiume il confinante Myanmar (ex Birmania), dove devono andare a portare soccorso ai villaggi della minoranza Karen colpiti dall’ennesima offensiva genocida del brutale regime militare birmano. L’ex marine rifiuta. “E’ una zona di guerra” risponde senza alzare gli occhi dall’incudine, lasciando intendere di averne avuto abbastanza. Così i missionari partono da soli ma, una volta a destinazione, vengono rapiti dai soldati birmani del sadico maggiore Pa Tee Tint. A questo punto Rambo non può tirarsi indietro e parte per l’ennesima missione di salvataggio della sua vita, vendicando con una violenza estrema le barbarie commesse dai militari birmani contro i Karen.

Se vi aspettate un film estremo, Rambo IV riscriverà il significato di violento nel vostro vocabolario personale”.
Così il superdopato Sylvester Stallone – che prima dell’inizio delle riprese era stato fermato in Australia per possesso di ormoni proibiti – ha presentato la sua prossima pellicola, stuzzicando il pubblico più giovane e assetato di sangue e superviolenza. Un tipo di pubblico che non rimarrà certo deluso a giudicare dal tralier già visibile su You Tube: sequenze splatter in cui Rambo, in preda a una disgustosa furia macellaia, decapita, sgozza e squarta tra fiotti di sangue e sventagliate di mitra.
Questo film avrà forse il merito di portare all’attenzione del grande pubblico il dramma dei Karen e della altre minoranze birmane che da decenni vengono perseguitate dal regime di Yangon.
Ma di certo, come riconosce lo stesso Stallone, contribuirà a innalzare sensibilmente il tasso di assuefazione alla violenza di decine di milioni di giovani spettatori.

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